Miniere della Quagna

Nella località di borgata Quagna, vicino a Monterosso Grana, si aprono alcune miniere, ormai abbandonate, con affioramenti di azzurrite e malachite.

LA STORIA DEI MARCHIO'

 

Dal 1903 la zona fu data in concessione alla famiglia di Spirito Marchiò, un uomo determinato, che lavorava inizialmente come orologiaio in Francia. In gioventù aveva trovato dei minerali gialli alla base di una delle pareti rocciose della zona e da allora gli restò per sempre l'idea di cercare l'oro nella valle: si trattava di pirite o calcopirite.

 

Al ritorno in Italia iniziò la coltivazione di varie miniere, ancora visibili, insieme alla moglie e ai 6 figli: scavarono anche numerosi sondaggi, ma non trovarono mai l'oro. La famiglia alternava il lavoro all'osteria Aquila Nera, tutt'ora esistente, al lavoro in minera. Nel 1914 Spirito perse la mano sinistra e la vista nello scoppio di una mina e passò la direzione dei lavori alla figlia Marianna, che nonostante i ripetuti insuccessi, tenne viva l'impresa fino al 1961. La storia della concessione Coania-Andrio è narrata da Rachino (1999).

I MINERALI DELLA QUAGNA

I rilievi chimici svolti all'epoca dell'estrazione pare abbiano dato risultati contradditori e poco attendibili, e questo fatto contribuì forse all'insistenza della famiglia nelle ricerche. Nel 1998 Prencipe ha potuto analizzare alcuni campioni raccolti in loco: vi ha trovato un contenuto composto da poco nichel, un bassissimo rapporto nichel/rame, e un basso contenuto di cromo. Il tutto non risulta facilmente compatibile con metalli auriferi e platinoidi.

Nell'area della Comba di Legn, i marmi del Complesso calcareo-dolomitico di età triassica contengono livelli micacei scuri, spessi anche un metro: si tratta di scisti grafitici con mineralizzazioni di vari metalli, fra cui piccolissimi granuli di pirite e calcopirite. I livelli grafitici scuri si possono ancora vedere all'ingresso della galleria 19 della miniera a quota 775 metri.

La cava a cielo aperto soprastante, a quota 810 metri, è una piccola conca riparata, cui si accede tramite un sentiero fra alte pareti calcaree. Le rocce sono fragili e il rischio di crolli, benché minimo, è da tenere in considerazione. Qui la parete di fondo presenta bellissime incrostazioni di azzurrite e malachite, che si trovano facilmente anche nei detriti che costituiscono il pavimento della conca. L'azzurrite si trova in  microcristalli allungati o patine incrostanti le fessure delle rocce, mentre la malachite appare in cristalli aciculari o, a volte, in rare concrezioni centimetriche.

La tetraedrite (solfuro di rame ed antimonio), il cosiddetto "rame grigio", è il minerale iniziale da cui derivano per ossidazione l'azzurrite e, per decarbonatazione di questa,  la malachite. Anche la tetraedrite si trova facilmente sulla parete o nel detrito a terra, in piccole venule di color grigio metallico.

AZZURRITE

L'azzurrite è composto da Carbonato basico di rame: 2CuCO3.Cu(OH)2. Cristallizza nel Sistema monoclino (2/m). Durezza 3,5-4. Colore blu, come anche lo striscio (blu chiaro).Si forma per alterazione all'aria dei minerali di rame (ossidazione).

Viene usato come colorante: il pigmento blu naturale minerale era noto già nell'antichità. Il nome deriva probabilmente dall'arabo al-lazward, che significa "colore blu", a sua volta derivato dal persiano lazward, azzurro: dalla stessa radice deriva anche "lapislazzulo", un'altra pietra molto usata in passato come pigmento blu. L'azzurrite viene chiamata anche Azzurro della Magna, o d'Alemagna, per indicare il luogo da cui gli artisti inglesi si rifornivano di minerale. Plinio il vecchio (Naturalis historia, XXXV (28)) lo chiama invece Lapis Armenium, per la provenienza dall'Armenia.

"D'Armenia viene quel colore che si chiama Armenio. Questa è una pietra tinta anch'ella a modo della chrisocolla. Et questo colore quanto più è verde è migliore, tenendo di verde scuro. Solevasi vendere trecento denari la libra. Essi trovata in Hispagna una harena, laquale fa il medesimo effetto, e perciò è rinuiliato, che non vale più che sei denari la libra. E un poco più bianco, che'l verdescuro, e fa più tenero questo colore. In medicina serve solamente a far crescere i peli, et massimamente nelle palpebre." (Historia naturale, trad. di L. Domenichi, 1580, testo a pag. 1092)

Veniva usato già nel III millennio A.C. in Egitto, sebbene limitatamente in campo pittorico, ma più diffusamente come fonte di rame per produrre il Blu Egizio.

Nonostante sia molto reattivo, veniva usato anche per affreschi, seppure raramente perché a contatto con la calce o fonti di calore si trasforma in tenorite (ossido di rame) rilasciando anidride carbonica e divenendo quindi grigia. L'esempio più famoso è la volta della Cappella degli Scrovegni a Padova, completata da Giotto tra il 1303 e il 1305: rappresenta un cielo stellato, intensamente blu.

 

MALACHITE

La malachite ha formula CuCO3.Cu(OH)2, cristallizza anch'essa nel Sistema monoclino (2/m), ha durezza 4 e colore dal verde al verde scuro. Lo striscio è verde. Dà effervescenza con acido cloridrico.

Greci e Romani usavano la malachite come amuleto contro gli infortuni. Gli Egizi, fin dal 4000-3000 A.C. usavano la malachite come ombretto. Si sono trovate tracce di malachite anche nelle tombe della IV Dinastia risalenti a circa 4500 anni fa.

Veniva consigliato nel Rinascimento per i colori di "arbori e verdure" (Cennino Cennini - Il libro dell'arte) e Raffaello usa la polvere di malachite per i drappi verdi della "Madonna Sistina" (1512), insieme a biacca, nero carbone e orpimento (solfuro di arsenico).

Nel 1794 si elaborò la Teoria delle proporzioni definite, ad opera del chimico francese Joseph Louis Proust, proprio studiando questo minerale, che venne scomposto nei suoi elementi: rame, carbonio e ossigeno. Si scoprì che ogni campione di un composto, indipendentemente dalla provenienza o dall'aspetto, era composto sempre dagli stessi elementi nelle stesse proporzioni.

Si apre a quota 775 m.s.l.m e si approfonda per 85 m in una galleria principale pressoché rettilinea, con un dislivello che la porta a scendere di 4 metri in totale. Nel primo tratto vi sono due gallerie secondarie a sinistra, ormai crollate e quindi subito interrotte. Si scorgono i resti delle travi di rinforzo al soffitto, in parte spezzate nei crolli.

É facilmente percorribile per tutta la sua lunghezza, ma il pericolo di crolli, soprattutto in prossimità delle gallerie laterali, resta concreto e richiede attenzione.

Vi sono due pozzetti a destra, uno all'inizio e uno a 2/3 della galleria principale.

I minerali sono gli stessi descritti per l'area: azzurrite, malachite e tedraedrite, quindi diverse forme e ossidazioni del carbonato basico di rame, con livelli grafitici scuri nel primo tratto.

Si può osservare facilmente la gran numero di Dolichopoda azami, un Ortottero (cavalletta) che frutta la grotte, o le miniere e cantine, come riparo. Dotata di lunghe antenne, può frequentare sia gli spazi aperti esterni sia le cavità. Fino a non molto tempo fa queste cavallette si consideravano appartenenti alla specie D. ligustica, finché Enrico Lana con Mauro Rampini ed altri ortotterologi dell'Università di Roma hanno svolto ricerche genetiche che hanno riconosciuto l'assenza di D. ligustica in Piemonte, e la presenza di D. azami, in varie sottospecie, precedentemente descritta per la Grotte des Chauves-souris in Francia (Allegrucci et al., 2014).

Sono noti 9 diverse specie di Ragni e Opilionidi, 1 Pseudoscorpione, 1 Acaro, 1 Isopode, 8 specie di Coleotteri, fra cui il famoso carabide Sphodropsis ghilianii ghiliannii, alcuni Isopodi, e altre specie. Il fatto che tante specie abitino una miniera così relativamente recente non deve stupire: si tratta della fauna interstiziale e sotterranea presente da sempre nelle fessure delle rocce e nel sottosuolo dell'area, che spostandosi in questo grande mondo sotterraneo si trova a frequentare anche questa cavità più ampia.

GROTTA DELLA QUAGNA - N° catasto grotte: PI1243

Questa cavità naturale si apre sulla sinistra della conca della cava di azzurrite a cielo aperto, a quota 850 m.s.l.m. Dopo l'ampio ingresso, prosegue per 25 metri in salita, raggiungendo un dislivello totale di 8 metri.

I minerali sono gli stessi della Cava a cielo aperto, sebbene più rari.

 

L'ingresso è composto da rocce aperte in alto con elementi a incastro e a volte può avvenire un piccolo crollo, come si vede anche dai detriti antistanti.

Questa grotta fu testata da Marchiò per degli scavi, come si vede nella parte finale.

Qui si possono incontrare molluschi che frequentano la parte iniziale delle cavità, come Helicodonta obvoluta, una chiocciola col nicchio irto di setole.

La check-list conta al momento 3 Molluschi, 5 Ragni e Opilionidi, 1 Pseudoscorpione, 2 Acari, 1 Isopode, 1 Ortottero, 5 Coleotteri e 1 Dittero. Si tratta sostanzialmente della stessa fauna della Galleria 19. È possibile a volte vedere resti di predazione da parte di rapaci notturni come l'Allocco.

CAVA A CIELO APERTO

Accoglie la Grotta della Quagna e si chiude in una conca riparata, suggestiva e ricca di minerali di rame: qui sono evidentissime le incrostazioni di tedraedrite, azzurrite e malachite, soprattutto alla base della parete di fondo e nel detrito abbondante al suolo.

Trattandosi di minerali di rame su una superficie soggetta a ossidazione, col tempo si possono vedere alcune variazioni nella forma e colore delle incrostazioni. La cava è tutt'ora frequentata dai cercatori di minerali per la facilità d'accesso e l'abbondanza dei campioni, quindi di volta in volta si possono trovare nuove zone messe a giorno con nuove incrostazioni.

La base della parete presenta più malachite rispetto alla parte alta.

Sulle pareti laterali si vedono ancora le nicchie scavate per il deposito degli attrezzi o altro.

 

ALTRA CAVA

Salendo a sinistra della Galleria 19 si raggiunge un canalone dove si trovano altri depositi degli stessi minerali di rame, in minor quantità, ma con più frequenza di malachite. La concessione di Marchiò del 1952 indicava nell'area 4 gallerie: oltre alla 19, vi era la 12, nelle immediate vicinanze della miniera 19, a sinistra, la 2, che dovrebbe corrispondere alla cava a cielo aperto e la 1, che sembra corrispondere alla grotta naturale.

 

COME RAGGIUNGERE IL LUOGO

Da Monterosso Grana si sale per borgata Quagna: si trova sulla sinistra, superato un ponticello in legno. Il ponte non è transitabile in auto.

Superate le case si prosegue su un sentiero, a volte occupato da vegetazione nella parte iniziale, che sale in un bosco umido e ombroso, e raggiunge in pochi minuti la Galleria 19. Da qui si prosegue a sinistra per il canalone della malachite, o a destra per la Cava a cielo aperto: in questo caso si prende più avanti la deviazione a sinistra al primo incrocio, che conduce direttamente nella stretta via d'accesso alla conca.

 Ricordiamo che la raccolta dei minerali è regolamentata in Piemonte dalla l.r. 51/1995 “Normative per la ricerca e la raccolta di minerali a scopo collezionistico, didattico e scientifico”. Si possono trovare ulteriori informazioni qui: https://www.regione.piemonte.it/web/temi/sviluppo/attivita-estrattive/raccoglitori-ricercatori-minerali-scopo-collezionistico

BIBLIOGRAFIA

 

Allegrucci G., Rampini M., Di Russo C., Lana E., Cocchis S., Sbordoni V., 2014: Phylogeography and systematics of the westernmost Italian Dolichopoda species (Orhoptera, Rhaphidophoridae). ZooKeys, 437: 1-23, DOI: 10.3897/zookeys, 437.7917

 

Catasto delle grotte piemontesi: Miniera della Quagna: catastogrotte-piemonte.net/artificials-view-240.fr.html

 

Catasto delle grotte piemontesi: Grotta della Quagna: catastogrotte-piemonte.net/caves-view-1171.html

 

Cennino Cennini, Il libro dell'arte, prefazione, commento e note di Mario Serchi, Firenze : F. Le Monnier, 1991 (2ª ed. 1999)

 

Lana E., Giachino P.M., Casale A., 2021: Fauna Hypogaea Pedemontana - Grotte e ambienti sotterranei del Piemonte e della Valle d'Aosta. WBA Monographs 6, WBA Project Ed., Verona: 1-1044

 

Plinio il Vecchio, Historia naturale di G. Plinio Secondo, tradotta da Lodovico Domenichi. Venezia, 1580 (consultabile QUI: books.google.it/books)

 

Piccoli Gian Carlo, 2002: Minerali delle Alpi Marittime e Cozie - Provincia di Cuneo. Amici del Museo "F. Eusebio" - Alba. L'Artistica, Savigliano. 366 pp.

 

Rachino G. & Rachino P.S., 1999: Miniere e minerali della Provincia di Cuneo. Cavallermaggiore, Gribaudo, 249 pp.

 

 

 

Autore: Dario Olivero

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