Fiume Stura di Demonte: storia geomorfologica (area di Roccasparvera)

L'area compresa fra Moiola e Roccasparvera rappresenta la parte finale della zona montana della Valle Stura. Qui terminava il ghiacciaio che ha scavato la valle durante l'ultima fase glaciale, scaricando morene frontali e laterali in parte visibili ancora oggi.

 

Le valli laterali avevano anch'esse ghiacciai, di solito più piccoli, che confluivano nel principale sull'asse centrale della valle. Come avviene spesso in questi casi, le valli laterali risultano sospese rispetto al fondovalle principale: in Valle Stura lo sono tutte le valli laterali in destra idrografica.

Per seguire la storia geomorfologica di questo ultimo tratto montano dobbiamo risalire a circa 12.000 anni fa, quando il ghiacciaio principale iniziava a ritirarsi e lasciava di fronte a sé le morene di Gaiola e Castellan, vicino a Roccasparvera.

L'abitato di Gaiola sorge sul terrazzo di 2° ordine della Valle Stura, una piana posta a una quota media di 720 m. Qui si elevano di una decina di metri due archi morenici frontali, paralleli. Seguendo lo sviluppo del più esterno di ritrova una sua continuazione sull'altro lato della valle, nei pressi di Bedoira, in una serie minore di altri lembi morenici. Il fiume, successivamente, li ha interrotti scavandosi una via d'uscita nel mezzo.

Una curiosità riguarda la natura geologica dei clasti che costituiscono queste morene: si tratta di rocce cristalline originarie dell'Argentera, ricoperte da altre rocce calcaree-dolomitiche, quindi nettamente diverse. Su tutto, si trova un sottile strato di suolo di non più di un metro di spessore. In queste morene si trovano clasti arrotondati, di forma compatibile con quelle dei ciottoli fluviali. Probabilmente, si tratta di ciottoli di antichi depositi alluvionali, quindi di origine fluviale, abbandonati da un fiume durante una fase interglaciale, e in seguito il ghiacciaio würmiano li ha ripresi e rimessi in movimento, inglobandoli nei detriti glaciali che trasportava.

Più a valle troviamo le morene frontali più avanzate, quelle abbandonate dal ghiacciaio al culmine della sua estensione. Nel complesso, si può ricostruire l'ampio arco che collega gli abitati di Castelletto, l'Isola (cioè l'area centrale del meandro di Roccasparvera),Tetti Beraudi e Castellan. Questo grande arco morenico ha una sezione a parabola, tipico delle morene, e si arresta sul terrazzo del 1° ordine della Valle Stura, quello di Borgo San Dalmazzo. In parte è seppellito dai sedimenti fluviali. Per quanto è noto, si tratta della morena più avanzata, anche se non si può escludere la presenza di altre completamente sepolte.

Il lavoro di P. R. Federici (2012), da cui sono tratti questi appunti, riporta l'interessante osservazione che gli archi morenici di Gaiola e di Castellan sono impostati su due terrazzi diversi, e quindi la deposizione è da riferirsi a due diversi momenti dell'ultima fase glaciale (Würm). Anche questa glaciazione, infatti, ha visto diverse fasi di avanzamento e arretramento dei ghiacciai, prima del ritiro definitivo.

Non è sempre semplice distinguere le morene sul terreno perché sono in parte erose e in parte sepolte nei sedimenti successivi, oltre che essere basse per loro natura. Alle morene frontali, più evidenti, si accompagnano anche le laterali, molto più basse e difficili da riconoscere.

Quando il ghiacciaio si stava ritirando, le morene frontali trattenevano le acque in un lago che, durante studi di Ognibeni & Venzo del 1951, in 14 sondaggi si scoprì essere profondo almeno 136 m. Oggi questo lago è completamente colmato da sedimenti che nella parte bassa sono formati da argille sabbiose e sabbia fine. I sondaggi non arrivarono alla roccia madre sottostante, ma le sabbie indicano comunque la prossimità del fondale. Al di sopra vi sono argille azzurre consolidate, di natura limnica, che terminano con depositi fluviali di ciottoli e per finire cotica prativa. La sommità dei depositi lacustri è stata asportata e gli ultimi ciottoli fluviali si sono deposti nella tipica forma di contatto ondulata che si crea in questi casi.

Il lago si sviluppava per quasi 8 Km, dalla zona del ponte dell'Olla fino a Pianetto, circa 1,2 Km a molte del ponte di San Membotto, con una larghezza massima di 600 m e una profondità massima di circa 140 m.

Il fiume Stura ha trovato una via d'uscita dallo sbarramento delle morene di Castellan e Roccasparvera, aggirandole in parte e incidendole, interrompendo così l'arco frontale, che oggi appare frammentario. L'azione combinata dell'erosione rimontante dovuta alla cattura del Tanaro (vedi scheda QUI) e dell'abbondanza di acque per un  lungo periodo, dovuta alla fusione del ghiacciaio prima, e allo svuotamento del lago poi, ha spinto la fase erosiva al punto che i meandri non hanno avuto il tempo di evolversi, come farebbero di solito, ma sono scesi in quota mantenendo la forma che avevano in questo periodo. Queste forme di meandri, con pareti ripide e approfondimento rapido, si chiamano "meandri incassati". Un tipico esempio sono quelli del fiume Colorado che formano il Gran Canyon in Arizona (USA).

 

Anche questa scheda, come quella della zona di Dronero, vuol essere solamente uno stimolo a osservare con occhio analitico le nostre valli. si può così addestrare l'occhio a riconoscere le forme più evidenti che ci permettono di ricostruire la storia del paesaggio. Per approfondire l'argomento servono ovviamente studi complessi che non sempre è agevole portare a termine, come i sondaggi in profondità o le datazioni radiometriche, ma per questo ci si appoggia ai lavori svolti in passato, fin da quando, sul finire dell'800, Federico Sacco iniziava a descrivere le valli cuneesi diffondendo anche al grande pubblico le indagini geomorfologiche.

BIBLIOGRAFIA

 

 

Federici & Malaroda, 2006: L’antichissima sella del Colletto di Valdieri tra le valli Gesso e Stura di Demonte (Alpi Marittime), Atti Acc. Sc. Torino. Atti Sc. Fis., 140, 2006, 123-137.

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Federici Paolo Roberto, 2012: Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime). In: Memorie della Accademia delle Scienze  di Torino. 1. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, 36 (2012)

scaricabile da QUI

 

Malaroda R., 1957: Studi geologici sulla dorsale montuosa compresa fra le basse valli della Stura di Demonte e del Gesso, Mem. Ist. Geol. Min. Univ. Padova, 20, 1957, 130 pp.

 

Ognibeni & Venzo, 1951: Indagini geologiche e geotecniche per l’impostazione di diga in terra e serbatoio idrico nella zona di Moiola (Valle Stura di Demonte, Cuneo), Riv. Ingegneria, 1, 10, 1951, 1131- 1140.

 

Pappalardo & Rapetti, 2001: Variazione frontali dei ghiacciai e parametri climatici: il caso delle Alpi Marittime, Geogr. Fis. Dinam. Quat., Suppl., 5, 2001, 135-144.

 

Sacco Federico, 1912: I ghiacciai antichi e attuali delle Alpi Marittime Centrali, Atti Soc. Ital. Sc. Nat., 51, 1912, 99-128.

 

Sacco Federico, 1932: Il glacialismo nelle Alpi Marittime Italiane, Min. LL.PP: Serv. Idr. Uff. Idr. PO. Pubbl.10, 1932, 43 pp.

 

 

 

Autore: Dario Olivero

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