Altopiano della Gardetta

La Gardetta è un bellissimo ed elevato altopiano che riporta significative ed importanti tracce della sua origine geologica, dovute alla formazione ed al sollevamento di antiche catene montuose (orogenesi ercinica) e al sollevamento della catena alpina; tale è l’importanza del sito che, nel 2001, è inserito nell'elenco dell'Inventario Nazionale dei Geositi nel censimento dell'APAT (Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi Tecnici),oggi ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

Sull’Altopiano si incontra il rifugio CAI posto a 2335 m. di altitudine, ma soprattutto si ammirano le pareti verticali di Rocca La Meja ( 2800 m), risultato del sollevamento alpino e della compattazione del fondale fangoso dell’Oceano Ligure Piemontese.

GEOLOGIA DEL SITO

Camminando sull’altopiano è possibile ricostruire gli antichi ambienti geologici in cui si sono formate le rocce che oggi osserviamo a oltre 2000 m di altezza. Si tratta di testimonianze della presenza di antichissimi vulcani, fiumi, deserti, spiagge e mari tropicali con barriere coralline.

  • ROCCE VULCANICHE  -  280-252 MILIONI DI ANNI FA: si tratta delle rocce più antiche della Gardetta, di colore generalmente verde o violaceo; sono il risultato della formazione della catena montuosa prodotta dallo scontro fra due antichi continenti: Nord America/Europa settentrionale da un lato (Laurasia), Sud America/Africa dall’altro (Gondwana). Si evidenzia nelle rocce un graduale passaggio da lave più fluide (andesiti), a lave più viscose e ricche di silice (rioliti), fino ad episodi vulcanici di tipo esplosivo (porfiroidi). Tale periodo vulcanico emise una grande quantità di anidride carbonica nell’atmosfera che portarono ad un surriscaldamento climatico della Terra, causando la più grande estinzione di massa mai registrata sul pianeta (estinzione di massa del Permiano – Triassico).
  • ROCCE DI AMBIENTE FLUVIALE -  260 MILIONI DI ANNI FA:  le montagne cominciarono ad essere erose dai fiumi, i quali portarono nella pianura una grande quantità di ciottoli e detriti. Lungo le strade che portano alla Gardetta si osservare i conglomerati quarzosi, riconoscibili dal colore bianco e dai ciottoli interni, che derivano proprio da questo tipo di depositi alluvionali. Il colore dei granuli è bianco o rosato, ma  si possono riconoscere ciottoli rossi e violacei che derivano dall’erosione dei precedenti vulcani.
  • ROCCE DI AMBIENTE COSTIERO - 250 MILIONI DI ANNI FA:  L’avanzamento del mare, prodotto dall’apertura della Tetide, si può osservare grazie alla presenza delle quarziti. Tali rocce conservano ancora le strutture sedimentarie originali, come ad esempio il carattere tipicamente ondulato dei fondali sabbiosi, causato dal movimento delle correnti marine.
  • ROCCE DI AMBIENTE LAGUNARE -  245 MILIONI DI ANNI FA: queste rocce rivelano l’esistenza di un mare che invadeva le coste di un ambiente di deserto arido, ricoprendo i delta dei fiumi e le terre emerse pianeggianti. Tali rocce arancioni e bianche, dette evaporiti, si formarono quando l’acqua marina, evaporando, favorì la precipitazione dei sali che portava in soluzione. Tale fenomeno avviene ancora oggi nelle zone marine costiere, quando, a causa del clima caldo e del vento, l’evaporazione è rilevante e si vengono a formare lagune ipersaline, come ad esempio in alcune zone costiere del golfo Persico oppure nei laghi in disseccamento in ambienti aridi.
  • ROCCE DI AMBIENTE MARINO TROPICALE – 240 MILIONI DI ANNIFA: i calcari e le dolomie presenti alla Gardetta testimoniano la presenza di antiche barriere coralline e fondali bassi in un mare tropicale (Oceano Ligure-Piemontese). Esaminando il territorio si possono osservare le impronte di crostacei marini in alimentazione, mentre i calcari vermicolati conservano le tracce delle gallerie di altri piccoli animali vermiformi
  • QUATERNARIOnegli ultimi 2 milioni di anni ci furono cambiamenti climatici molto consistenti che portarono ad una sequenza di fasi glaciali (Gunz, Mindel, Riss e Würm) intervallate da periodi interglaciali più caldi. I ghiacciai frantumarono le rocce e trascinarono in basso una gran quantità di depositi glaciali (cordoni morenici). L’ultima glaciazione si è conclusa 12 mila anni fa.

Ticinosuchus ferox

Nell’estate del 2008 il geologo Enrico Collo e il prof. Michele Piazza (Università di Genova) scoprirono sull’altopiano della Gardetta alcune impronte di rettili del Triassico, che furono studiate l’anno successivo dal prof. Heinz Furrer (Museo paleontologico di Zurigo). Esse appartenevano a un branco di Arcosauri, progenitori dei dinosauri. La passeggiata in riva al mare di questi rettili risale a circa 247 milioni di anni fa.

“Grazie al lavoro del geologo Enrico Collo e del Prof. Michele Piazza dell'Università di Genova nel 2008 sono state ritrovate le impronte di questo antenato dei dinosauri che passeggiava placido su quella che oggi è una spiaggia fossile. Il ritrovamento è stato ufficializzato nel luglio del 2009 dopo che il prof. Heinz Furrer, professore presso il Museo di Paleontologia di Zurigo, ha identificato e confermato la scoperta. Dal 2017 le impronte vengono annualmente studiate, con nuove importanti scoperte di una nuova pista, da un gruppo di ricerca di cui fanno parte a cui si sono aggiunti Edoardo Martinetto e Massimo Delfino dell'Università di Torino, con Fabio Petti coordinatore nazionale della Società Geologica Italiana e collaboratore paleontologico del MUSE di Trento.”

“Ogni anno l'eccezionale affioramento viene monitorato e fotografato, documentandone la rapida evoluzione legata agli strati in frana e alle condizioni climatiche estreme dell'inverno. Purtroppo alcune delle prime impronte del primo ritrovamentostanno scomparendo a causa dell'azione del gelo-disgelo, ma nel frattempo se ne scoprono sempre di nuove regalando grandi emozioni ai visitatori che si avvicinano alle rocce con rispetto e con la guida di chi le ha scoperte.

Si auspica che possa al più presto prendere avvio un progetto pubblico per la loro conservazione e valorizzazione.”( http://www.naturaoccitana.it/pagina.asp?id=535)

Si tratta di un tipo di impronte riferibili al genere Chiroterium, ossia “mano di un animale selvatico” perché le impronte sono a 5 dita e quindi simili alle dita umane; esse vengono attribuite a rettili antenati di dinosauri (Archosauria = “lucertole dominatrici”).

Le prime impronte ritrovate alla Gardetta appartengono a rettili della specie Ticinosuchus ferox, detto anche “coccodrillo del Ticino” perché i primi fossili sono stati rinvenuti nel Canton Ticino, sul monte San Giorgio. Era uno dei massimi predatori del suo ecosistema e Il Ticinosuchus ferox era un rettile di dimensioni medie (3 m di lunghezza): somigliava ad una grande lucertola, robusto con una lunga coda che doveva tenere sollevata quando si spostava; aggrediva le sue prede con rapidità grazie alla struttura degli arti che erano posti direttamente sotto il corpo, mentre il collo muscoloso gli permetteva di mantenere la presa.

Isochirotherium gardettensis

La parete rocciosa delle impronte continua a subire l'effetto delle condizioni meteorologiche, soprattutto dei severi inverni ad oltre 2000 metri di altezza della Gardetta; in seguito a ulteriori piccole frane e a una nuova campagna di studi nel 2017, sono venute alla luce altre 8 impronte, questa volta appartenenti a un rettile della famiglia Erythrosuchidae, contemporaneo al Ticinosuchus ferox. La perfetta conservazione delle impronte ha permesso l’istituzione di una nuova ichnospecie, a cui la pubblicazione scientifica del 2020 assegna il nome di Isochirotherium gardettensis. L'approfondito studio si può scaricare da  QUI

Una possibile ricostruzione di questo rettile, a partire dalle impronte e dai reperti scheletrici cinesi è stata realizzata da Fabio Manucci e pubblicata anche sull'articolo apparso su peerj.com.

Per il successo delle indagini scientifiche sulle impronte della Gardetta è stato determinante il contributo organizzativo ed economico dell'associazione culturale Escarton che ha sostenuto il progetto a partire dal 2016 e che, grazie al presidente Giovanni Raggi, ha svolto un ruolo di intermediario fra il mondo della ricerca e la Soprintendenza. Il progetto è destinato a svilupparsi ulteriormente, grazie all'estensione dell'area di ricerca e alla raccolta di ulteriori informazioni. L’obiettivo è la diffusione dei risultati delle ricerche geo-paleontologiche mediante la creazione di un Geo-Paleo park, comprendente un centro visitatori e un giardino geologico didattico-divulgativo. "La nostra prossima sfida" sottolinea il coordinatore del progetto, Massimo Delfino del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Torino "sarà trovare la copertura finanziaria che garantisca una raccolta accurata ed esaustiva delle informazioni di importanza scientifica, la conservazione a lungo termine del patrimonio paleontologico della Gardetta e la sua valorizzazione in un'ottica di promozione culturale e turistica delle caratteristiche naturali della Val Maira". (Dal sito Torinoscienza)

BIBLIOGRAFIA

 

 

 

L'Altopiano della Gardetta sul sito del Comune di Canosio

Comunicato stampa Università e storia della scoperta delle impronte sul sito Natura Occitana

 

I rettili della Gardetta sul sito di Meridiani.info: Geologia e turismo in provincia di Cuneo

 

La descrizione della nuova specie sul sito di PEERJ.COM

Petti FM, Furrer H, Collo E, Martinetto E, Bernardi M, Delfino M, Romano M, Piazza M. 2020. Archosauriform footprints in the Lower Triassic of Western Alps and their role in understanding the effects of the Permian-Triassic hyperthermal. PeerJ 8:e10522

 

I rettili della Gardetta sul sito di PIEMONTE PARCHI

 

I rettili della Gardetta sul sito di TORINOSCIENZA

 

I rettili della Gardetta sul sito del TOURING CLUB ITALIANO

 

 

 

Scheda a cura di: Enrico Collo, Ornella Reinaudo